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Cellule staminali

Staminali

Il doppio gioco delle staminali

Le conoscono tutti, perché da parecchi anni ormai promettono di essere sul punto di guarire mille malattie, dagli esiti dell’infarto all’Alzheimer, dalle paralisi al diabete. La capacità delle cellule staminali di replicarsi e differenziarsi in diversi tipi di tessuto le rende infatti, almeno teoricamente, la miglior fonte di tessuti di ricambio possibile, con cui riparare qualunque tipo di lesione.

Per il cancro, però, le cose stanno un po’ diversamente, e il ruolo delle cellule staminali è ambiguo: da un lato la loro presenza all’interno del tumore può alimentarne la crescita, dall’altro c’è chi sta pensando come sfruttarle per sconfiggere, o almeno contrastare, l’evoluzione della malattia.

Alleate del cancro

Le prime cellule staminali nei tumori della mammella sono state trovate e coltivate in vitro, anche grazie al contributo di AIRC, da ricercatori del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto nazionale tumori di Milano, attualmente diretto da Marco Pierotti.

Il gruppo di Pier Paolo Di Fiore e Pier Giuseppe Pelicci, dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare di Milano, insieme con altri colleghi dell’Università di Milano, ha invece appena messo a punto un metodo per identificare più facilmente le cellule staminali presenti nei tessuti normali e in quelli tumorali: grazie a questo sistema i ricercatori milanesi hanno potuto confrontare i preparati provenienti da tumori al seno più o meno aggressivi e dimostrare che nei primi il numero di staminali è molto maggiore. Una prova in più del ruolo svolto da queste cellule come riserva per la replicazione incontrollata del tumore, confermata anche da altre ricerche effettuate su tumori diversi, per esempio il glioblastoma al cervello.

Giuseppe Testa e Gioacchino Natoli, anche loro all’IFOM, hanno scoperto l’enzima indispensabile perché le staminali del cervello si differenzino in neuroni, un passaggio che in quel tumore viene meno, ma che potrebbe essere utile cercare di ristabilire per curare meglio la malattia.

Ruggero De Maria, del Dipartimento di neurochirurgia dell’Università Cattolica di Roma, ha dimostrato che la presenza e le caratteristiche delle cellule staminali nei glioblastomi sono indici attendibili per valutare la sopravvivenza. Luca Sigalotti, del Centro di riferimento oncologico di Aviano, insieme con altri ricercatori italiani e stranieri, col sostegno di AIRC ha scoperto che una molecola chiamata CTA (Cancer Testis Antigen) è presente sulla superficie delle cellule staminali del melanoma e può essere usata come marcatore per seguire il destino del tumore.

Attrazione fatale

Le cellule staminali non si trovano solo nel tumore. Anche quelle che normalmente circolano nel sangue hanno la tendenza a raggiungere il punto in cui si è sviluppata la malattia. Alcuni ricercatori come Alessandro Massimo Gianni, dell’Istituto nazionale tumori di Milano, hanno quindi pensato di sfruttare questa attrazione esercitata dal tumore sulle staminali, usandole come cavalli di Troia. Con i fondi devoluti ad AIRC attraverso il 5 per mille i ricercatori milanesi intendono modificare geneticamente le cellule staminali prelevate dal sangue del paziente, in modo da renderle in grado di distruggere le cellule vicine. In questo modo sperano che, una volta arrivate a livello della massa, possano eliminare le cellule tumorali.

Una banca di cellule a servizio della ricerca

È tale l’importanza delle cellule staminali nello studio dei tumori che l’Istituto superiore di sanità ha creato una banca di cellule staminali tumorali, estratte dalle biopsie effettuate ai malati, che si possono coltivare e riprodurre all’infinito. I ricercatori avranno così a disposizione una fonte praticamente illimitata di tessuti su cui verificare le loro ipotesi ed eventuali nuovi farmaci.