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Radioterapia

Raggi letali, ma solo per il cancro

La logica con cui si è sviluppata la radioterapia negli ultimi 50 anni è la stessa che ha guidato la chemioterapia e la chirurgia: interventi sempre più dosati e mirati per ottenere il miglior risultato possibile con il minor carico di effetti collaterali. Effetti che nel caso delle radiazioni, come di alcuni medicinali, potevano significare anche indurre la formazione di un nuovo tumore per curarne un altro.

I progressi della radioterapia hanno inoltre talvolta permesso quelli registrati in altri campi: la chirurgia conservativa in molti casi è possibile solo grazie all’ausilio di questo trattamento aggiuntivo, prima dell’intervento (in alternativa o in associazione alla chemioterapia) per ridurre le dimensioni della massa da asportare oppure dopo, per eliminare eventuali cellule tumorali sfuggite al lavoro del chirurgo.

Questione di dosi

Le dosi necessarie per distruggere le cellule tumorali vengono oggi somministrate a dosi frazionate, servendosi di tabelle che permettono di quantificare tutti i possibili effetti collaterali, immediati e tardivi, della cura. Oggi sono ben note le dosi limite che una persona in toto o un singolo organo possono tollerare, e a queste ci si attiene, tenendo conto anche della sensibilità dei diversi tipi di tumore al trattamento.

Le tecniche messe a punto nel corso degli anni hanno permesso poi di irradiare sempre meglio il tumore considerandone le sue tre dimensioni e tenendo conto della diversa densità delle cellule al centro o in periferia della massa, risparmiando sempre più i tessuti sani.

Attacchi mirati

Con la radioterapia conformazionale tridimensionale, per esempio, sul tragitto dei raggi vengono posti dei blocchi metallici che li concentrano, come con un gioco di specchi, nella sede della malattia, aumentandone l’effetto dove serve ma evitando i tessuti sani circostanti, anche grazie alla guida fornita da TC o RM: nella cura del cancro alla prostata, in cui è molto usata, riduce la frequenza di effetti collaterali a livello del retto.

Anche la radioterapia a intensità modulata tiene conto delle tre dimensioni della massa, e con l’aiuto del computer, dosa con grandissima precisione la quantità di radiazioni da indirizzare nei diversi punti.

Il computer è stato fondamentale anche in altre applicazioni: con la sua guida è possibile concentrare i raggi in un fascio intenso e sottile come un coltello che prende il nome di gamma knife.

L’introduzione di questa tecnica di radiochirurgia ha permesso di evitare molti interventi chirurgici al cervello, con tutti i rischi a essi correlati. Inoltre ha consentito di trattare tumori localizzati in posizioni irraggiungibili dal bisturi dal chirurgo (oppure raggiungibili sì, ma solo a rischio di gravi danni). Vi si può ricorrere però solo quando il tumore o la metastasi cerebrale hanno un diametro inferiore a 3 cm.

Colpire dall’interno

Un’altra idea per aumentare la dose di radiazione sul tumore diminuendola sui tessuti sani è stata quella di sfruttare il momento dell’intervento chirurgico, quando il tumore o i tessuti rimasti dopo la sua asportazione, sono esposti. La radioterapia intraoperatoria si è rivelata efficace in alcuni casi di tumore della mammella o di forme a livello addominale, per esempio per il tumore del pancreas.

Per raggiungere meglio il tumore si è anche provato a impiantare strutture metalliche radioattive direttamente nell’organismo, in prossimità della massa (brachiterapia) o, in casi particolari, si somministrano liquidi radioattivi, iniettati o dati da bere: è il caso del fosforo per alcune malattie del sangue, dello stronzio per le metastasi ossee, dello iodio per disturbi e tumori della tiroide.